Io posso: paradigma del verbo “cambiare”

Il paradigma (dal greco “esempio”) è una parola che ricorre in molte discipline: in filosofia, nella scienza e ovviamente in grammatica, dove indica lo schema di coniugazione dei verbi.

Nell’ambito del coaching, per “paradigma” si intende il modello di riferimento che determina il nostro punto di vista, il confine che delimita il nostro campo, il modo in cui abbiamo “archiviato” le nostre esperienze precedenti, la lente attraverso cui osserviamo quello che ci succede.

È il nostro modo di vedere le cose, uno schema così consolidato da non essere più nemmeno percepito da noi come uno schema: è un’abitudine così robusta e allenata da essere a tutti gli effetti scambiata con ciò che chiamiamo “realtà”.

Se stai pensando di intraprendere un percorso di coaching, se cerchi un alleato per la tua voglia di cambiamento, è possibile che, più o meno consapevolmente, il tuo paradigma sia entrato in crisi. La buona notizia è che questo non è affatto un male: anzi! Come hai già intuito, è l’inizio di una nuova fase.

Quando il modo in cui siamo abituati a leggere la “realtà” non quadra più; quando le nostre convinzioni – più che uno strumento per orientarci nel mondo – sembrano diventate una specie di gabbia, niente paura: è soltanto ora di cambiare paradigma.

Per quanto consolidato, il nostro paradigma non coincide con noi: possiamo adottarne un altro, più funzionale, rimanendo noi stessi. Anzi: evolvendo e realizzandoci sulla base di quello che siamo.

Il primo passo, assolutamente essenziale, è riconoscere quale sia il tuo paradigma dominante. Può essere difficile individuarlo da soli: le prime sessioni di un percorso di coaching sono dedicate proprio a questo, con il coach che, ascoltandoti e facendoti da specchio attivo, proverà a far emergere insieme a te lo schema che sottende al tuo racconto.

È molto importante tenere presente che alcuni paradigmi sono intessuti di pensieri depotenzianti: in questo caso, è essenziale smontarli e sostituirli con pensieri creativi e orientati all’autorealizzazione.

Facciamo un esempio. Mettiamo che tu abbia avuto diverse storie “finite male”. Potresti pensare: “incontro sempre il partner sbagliato”. Il tuo paradigma dominante potrebbe essere: “voglio qualcuno con cui condividere la vita, ma nessuno mi ama per quello che sono”. E se pensassi invece: “voglio lavorare su me stesso, arrivare ad amarmi davvero e così, dopo, sarò pronto per condividere la mia vita con qualcuno”? Questo secondo paradigma è decisamente più funzionale: ti fa ripartire dalla cura di te, la prima potenzialità in assoluto, ti permette di focalizzarti su qualcosa su cui hai davvero potere e rimette in gioco la tua capacità di amare non a partire dal bisogno ma dal desiderio sano di condividere.

Mettiamo invece che tu abbia investito moltissimo nel lavoro e ora, dopo aver sacrificato tanto, tu senta la tua posizione a rischio. Il tuo paradigma dominante, auto-costruito o mutuato dalla tua rete di riferimento, potrebbe essere: “Ho fatto quello che dovevo fare, cioè sacrificarmi, e ora ho diritto a godere i frutti della mia fatica”. E se tu pensassi invece: “Voglio un lavoro che mi piace, così che la mia soddisfazione stia prima di tutto nel farlo, e mettermi nell’ottica che ogni novità, ogni cambio di posizione sia un nuovo step evolutivo, non un torto che subisco”? Questo secondo paradigma ti sembra più funzionale?

Abbiamo fatto solo qualche esempio, ma naturalmente ognuno di noi ha la sua storia e il suo paradigma. Se vorrai intraprendere un percorso, cercheremo di scoprire insieme quale sia il tuo, se e perché ti tiene bloccato e con quale paradigma più funzionale potresti sostituirlo.

In ogni caso, anche se non vivi un periodo di crisi, ricorda di coltivare sempre pensieri potenzianti e non il contrario. E di mettere alla prova il tuo paradigma, … ogni tanto.